La recensione dello spettacolo "E non ne rimase nessuno", di Agatha Christie per la regia di Anna Masullo al Teatro Sala Umberto di Roma fino al 30 Gennaio

Recensione a cura di Mario Turco

La regina del giallo Agatha Christie ha regalato al mondo due capolavori che sono subito diventati classici: “Assassinio sull'Orient Express” e “Dieci piccoli indiani”. I due romanzi sono stati così segnanti per il genere da sussumere al loro interno l'inevitabile genia di epigoni che ne hanno replicato a volte rispettosamente altre sfacciatamente (anche se non bisogna dimenticare che pochi anni fa Lia Volpati ha portato robuste prove all'accusa di plagio verso uno dei due libri summenzionati) la struttura e perfino la griglia narrativa dei numerosi omicidi presenti nelle due opere. Con il multiverso della scrittrice inglese improvvisamente riemerso al cinema per mano del buon Kennet Branagh, ecco che allora non stupisce vederne anche a teatro qualche trasposizione. 


Dal 25 al 30 gennaio infatti va in scena al Teatro Sala Umberto di Roma lo spettacolo “E non ne rimase nessuno” - titolo originale di “Dieci piccoli indiani” - diretto dalla regista Anna Masullo nella traduzione di Edoardo Erba e recitato dalla compagnia del Teatro Stabile del Giallo. La trama è nota ma la riassumiamo a beneficio delle nuove generazioni che magari ne hanno visto qualche rielaborazione trasversale in vari media – personalmente consigliamo le avventure grafiche sviluppate ormai più di dieci anni fa dalla The Adventure Company che possono contare sulle licenze originali. Otto persone vengono invitate da un certo signor N. Owen (l'originale inglese gioca con l'assonanza con “unknown”, sconosciuto) ad un incontro in una piccola isola deserta, Indian Island, al largo delle coste del Devon, accolti da due domestici, i coniugi Rogers, assunti per l'occasione. Le dieci persone non si conoscono tra loro e mentre aspettano l'arrivo del misterioso anfitrione scoprono che nessuno di loro sa la sua identità. All'improvviso, durante la cena una misteriosa voce proveniente da un grammofono, accusa tutti loro, compresi i domestici, di crimini di cui si sono macchiati in passato ma mai perseguiti dalla legge. Mentre i dieci ospiti provano a reagire a questi veri e propri capi d'imputazione il baldanzoso Marston accusa un malore e muore per avvelenamento da cianuro. Da quel momento, le morti si susseguono seguendo le rime di una inquietante filastrocca, incentrata nelle prime traduzioni su dieci piccoli negri e in una seconda su altrettanti non grandi indiani, che accompagna in maniera sempre più tragica e fatale la loro permanenza fino a quando… “E non rimase nessuno”! . 


La prima cosa che si può dire di questa versione portata sul palco del Teatro Umberto con la solita indefessa professionalità dal Teatro stabile del Giallo è che nonostante “Dieci piccoli indiani”, con 110 milioni di copie sia ancora il giallo più venduto di sempre, riesce a creare suspense anche nello spettatore che conosce il plot. Il merito principale della regista Masullo è di attenersi al tragico finale del romanzo pubblicato nel 1939 e adattato proprio dalla Christie per il teatro nel 1943 che invece, a partire dalla prima e celeberrima versione cinematografica del 1945 di Renè Clair, fu da lì in poi modificato affinché almeno uno dei personaggi uscisse vivo da quella terribile isola. Così, ecco che in sintonia con una pièce che lascia poco spazio ad escursioni brillanti – si segnalano almeno un paio di micidiali battute pronunciate dall'altezzosa Emily Brent interpretata da una una divertita Anna Teresa Rossini - “E non ne rimase nessuno” riprende e rilancia la natura gotica e moraleggiante del capolavoro di Agatha Christie attraverso la messa in scena curata da Fabiana Di Marco che fa dell'unico ambiente, il salotto di casa Owen, il catalizzatore quasi metafisico del machiavellico piano orchestrato dall'assassino seriale. Quasi tutti i personaggi infatti ammetteranno al pubblico i crimini commessi in passato e che il giudizio umano, per inezia o corruzione o deficienza amministrativa, non ha saputo punire in tempo lasciando così che il germe dell'ossessione moralista abbia potuto tarlare la mente del fortuito deus ex-machina di Indian Island. Più che la durata – comunque abbastanza prolungata per un giallo, dato che lo spettacolo ha due atti di circa un'ora ciascuno – ad appesantire purtroppo un po' “E non ne rimase nessuno” è proprio la classicità dell'approccio scenografico e recitativo. A partire dall'interpretazione di Mariano Rigillo nel ruolo del giudice in pensione Lawrence Wargrave, durante la pièce si ha spesso la sensazione che gli escamotage studiati per ravvivare la rappresentazione – le frequenti entrate ed uscite dai diversi livelli della scena – siano appunto trovate mediali per sfuggire ad una meccanicità di scrittura che è propria già del romanzo di Agatha Christie. Ed allora non resta che affidarsi all'impiccagione finale, schermata da un vetro che in realtà ha il merito di renderla ancora più sacrilega, per trovare una via di fuga a quello che, possiamo svelarlo solo alla fine, è in fondo il trionfo di una giustizia sì correa ma allo stesso tempo ancora e sempre carnefice.

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