La recensione di "Oceania 2", di Dave G. Derrick Jr., Jason Hand e Dana Ledoux Miller, in uscita nelle sale italiane il 27 novembre grazie alla distribuzione di The Walt Disney Company Italia
Recensione a cura di Mario Turco
A nemmeno sei mesi da una dichiarazione che voleva rassicurare pubblico ed investitori sull'abbandono di quella linea editoriale, ecco che "Oceania 2", di Dave G. Derrick Jr., Jason Hand e Dana Ledoux Miller, in uscita nelle sale italiane il 27 novembre grazie alla distribuzione di The Walt Disney Company Italia, certifica l'inversione ad U compiuta dalla major ed il ritorno verso la tradizione conservatrice. Il seguito del pluripremiato film del 2016 è sceneggiato ancora una volta da Jared Bush e Dana Ledoux Miller e arriva in sala dopo un cambio produttivo in corso d'opera che minacciava di relegarlo ad opera minore: iniziato originariamente nel 2020 come serie televisiva per Disney+, solo in seguito è stato infatti rielaborato come sequel cinematografico. In Oceania 2 ritroviamo la protagonista Vaiana, provetta navigatrice dopo le esperienze del primo film, andare fuori dalla sua isola insieme al pollo Hei Hei e il maialino Pua in cerca di altre popolazioni con cui far uscire dall'isolamento la sua tribù. Tornata nella natia Motunui, - perché va bene viaggiare ma ecco che arriva il primo segnale del ritorno valoriale all’antico, con la giovane ragazza che sospira languida: "siamo a casa, il nostro posto è qui" -, l’eroina durante il rituale polinesiano che la consacra guida spirituale del suo popolo apprende quasi per caso della maledizione del dio Nalo che riguarda l’isola nascosta di Motufetu. Toccherà quindi a lei e al suo strambo equipaggio, composto dai due inseparabili animali e da tre persone del villaggio, far affiorare l’isola sommersa per "riunire tutti i popoli dell'intero Oceano". Ad aiutarla ancora una volta ci sarà il semidio Maui e la misteriosa new-entry Matangi, donna-pipistrello che sembra legata però in qualche modo anche al tonitruante cattivo…
Oceania 2 è un sequel diretto e senza fronzoli che bada più all’avventura che al lato emotivo della storia, stranamente relegata soltanto ai minuti iniziali del film. Il senso di Vaiana per la sua gente, siano essi vivi o morti (l’immancabile nonnina fantasma: se lutto deve essere, come vuole la secolare storia Disney, che non sia abissale come quello di un genitore ma comunque traumatico) è trasmesso infatti in maniera pedestre dalle due canzoni iniziali e soprattutto dal rapporto con la sorellina, la smorfiosa Simea con boccuccia e dentoni d’ordinanza. Con la messa in acqua dell’imbarcazione e la partenza verso l’isola misteriosa, anche Oceania 2 prende finalmente il largo verso i territori del fantastico con tutto il corredo di mostri marini e pericoli acquatici che ci si aspetta da una navigazione così impervia. I tre esordienti registi sfruttano al meglio l’ambientazione dando sia risalto espressivo agli stupendi luoghi naturalistici di alcune tappe sia agli scenari fantasy richiamati dal frequente ricorso alla mitologia samoana. Nella seconda parte ecco che anche l’arrivo della tribù delle noci di cocco guerriere regala, oltre a un comprimario azzeccato e divertente, momenti di spericolato action, risaltati da un’animazione ricchissima e finalmente libera di esplodere nella sua brillantezza. Il ritorno a casa con l’agognata apertura verso gli Altri resta comunque l’unico residuo di progressismo in Oceania 2, tra l’alto localistico dato che si tratta pur sempre di abitanti di isole dello stesso arcipelago, accomunati dalle stesse usanze e perfino dagli stessi tatuaggi. Per il resto l’abbraccio finale della famiglia tradizionale sembra purtroppo chiudere il cerchio alle interessanti deviazioni dal rigido canone disnenyano sperimentate nell’ultimo decennio nel Marvel Cinematic Universe, negli ultimi prodotti di Star Wars ma anche in Wish e Strange World.