Recensione: Morto che cammina, di Irvine Welsh

Titolo: Morto che cammina
Autore: Irvine Welsh
Editore: Guanda
Pagine: 432
Anno di pubblicazione: 2019
Prezzo copertina: 19,50 €


Recensione a cura di Mario Turco

Immancabile altarino di larghissima parte di giovani europei, “Trainspotting” di Danny Boyle ha rappresentato una fondamentale tappa della formazione cinematografica dei sedicenti esponenti della contro-cultura. Mentre il regista inglese riusciva a compendiare le forme della modernità visuale sostanzialmente solo in quell'opera (il seguito uscito nel 2017 in tal senso sembra piuttosto un suo antecedente), Irvine Welsh, scrittore del romanzo omonimo ha proseguito per vent'anni lo scardinamento feroce delle convenzioni letterarie. Il prolifico autore edimburghese ha infatti costruito un'intera saga (in ordine d'uscita “Porno”, “Skagboys”, “L'artista del coltello”) attorno agli sbandati protagonisti della sua opera più famosa che si
conclude adesso con “Morto che cammina”, edito da Guanda e mirabilmente tradotto da Massimo Bocchiola. 

La struttura di questa ultima fatica richiama l'oramai classica quadripartizione tra le voci dei celebri protagonisti che raccontano ognuno in prima persona un pezzetto della loro vicenda portando così avanti la macro-narrazione che li vede tutti partecipi. Renton, Sick Boy, Begbie e Spud sono ormai cinquantenni separati perfino da continenti ma vedranno improvvidamente riunite le loro esistenze per un'assurda e divertentissima serie accidentale di eventi. “Morto che cammina” è una rimpatriata forzosa che non ha nulla della nostalgia canaglia che da anni ammorba l'industria culturale. In questo romanzo i protagonisti sono andati avanti con le loro vite: c'è chi ha diversificato gli affari (Renton è un agente di deejay che fanno musica elettronica), chi ne ha allargato le maglie restando sempre ai confini con l'illegalità (Sick Boy si occupa di escort d'alto bordo), chi ha rivoluzionato la propria vita (Begbie è diventato un artista concettuale!) e chi invece non è riuscito a venir fuori dalla miseria (Spud continua ad elemosinare soldi e lavori pericolosi). Sarà la vicinanza e la benevolenza che egli stesso ammette di provare per la saga, qui Welsh riesce a scrollarsi di dosso la fatica dei suoi ultimi libri e ritrova nuovamente il suo stile immaginifico, fatto di quel peculiare slang scozzese tanto conosciuto e fantasia torbida. Frasi come “Credevo di aver visto nei suoi occhi lo sperma-riverbero del lampo della pisellatrice” mostrano la rinnovata energia di una scrittura che nulla ha da invidiare a un esordiente di 20 anni che vuole spaccare il mondo delle lettere. 

Con “Morto che cammina” ci si diverte spesso, si esulta come all'incredibile vittoria degli amati Hibs alla Coppa di Scozia (spezzone del libro da applausi a scena aperta), e si rabbrividisce di schifo come ai vecchi tempi dell'abuso di eroina. Oltre a questa componente iconoclasta, l'ultimo romanzo di Welsh riesce senza accondiscendenza verso facili entusiasmi da lettore a mostrare lo stratificato cammino psicologico dei suoi personaggi. Rinunciando al facile concetto borghese di evoluzione, Renton ad esempio, il protagonista più autobiografico del gruppo, anche a 50 anni suonati rimane invischiato nella foga auto-distruttiva. Nonostante i piagnistei ha avuto successo, s'è scrollato di dosso la tara di venire dalla corea (quei grigi casermoni periferici ricettacolo di piccola criminalità e spaccio), ha pure trovato la donna della sua vita eppure continua a perpetuare le stesse equivoche scopate e a drogarsi pesantemente. Pazzie che lo psicopatico Francis Begbie, adesso conosciuto come lo scultore Jim Francis (da recuperare in tal senso “L'artista del coltello” che narra di questo sorprendente cambiamento) sembra invece aver eliminato dalla sua vita. È forse questa la componente che strappa più risate, lo sbigottimento continuo degli amici che temono e non credono fino in fondo alla metamorfosi del vecchio Franco. Arrivati alla soglia della vecchiaia, i protagonisti della saga welshiana non sono pronti a fare i conti con il passato ma piuttosto che eternarlo con giovanilismi fuori luogo imparano a limarne gli eccessi come non riuscivano a fare quando ad Edimburgo l'unica cosa da fare era “guardare i treni che passano”. Tutti tranne Spud cui Welsh dà l'addio senza patetismi. Andato a fondo a causa dei suoi vizi, della sua ignoranza, della cecità della società che non ha saputo aiutarlo, “Morto che cammina” rappresenta il definitivo distacco dell'autore da chi non ha saputo andare oltre il plumbeo cielo scozzese.

Irvine Welsh
L'AUTORE
Scrittore e drammaturgo scozzese. Esploso nel 1993 con Trainspotting, romanzo – e film di culto di Danny Boyle, dopo essere stato «il capofila della chemical generation», Welsh è diventato uno degli autori più amati dal pubblico europeo. Energia, intelligenza, inventiva linguistica, spregiudicatezza, humour nero, gusto per l’eccesso, oscenità, nichilismo spietato sono alcuni dei molti ingredienti che Welsh ha saputo mescolare e che hanno reso assolutamente unico l’estremismo narrativo dei suoi formidabili romanzi. Tra gli altri suoi romanzi ricordiamo Tolleranza Zero (1995), Colla (2001), I segreti erotici dei grandi chef (2006), Skagaboys (2012), La vita sessuale delle gemelle siamesi (2014), L'artista del coltello (2016).

LIBRI & CULTURA CONSIGLIA...