La recensione di "Buen camino", di Gennaro Nunziante nelle sale dal 25 dicembre distribuito da Medusa
Recensione a cura di Mario Turco
Il ritorno in sala del campione nazional-popolare più amato degli ultimi quindici anni avviene però dopo la rottura con lo storico produttore Pietro Valsecchi che, in un'intervista subito virale, si è tolto più di qualche sassolino dalla scarpa sulla hybris del suo ex assistito tacciandolo, infine, proprio di quell'ansia da prestazione capace di affossare un progetto che, dietro le vestigia della solita leggerezza, deve farsi carico di appianare, almeno per le feste, l'eterna crisi dell'italica settima arte. Buen camino, a differenza dei più socialmente connotati Quo vado? e Tolo tolo, sembra all'apparenza dare adito a questi dubbi: il soggetto del film è sicuramente più neutro dal punto di vista politico e largamente sperimentato da quello puro del genere. Checco Zalone - sulla tradizione di portare su schermo la propria maschera il buon Luca Medici compie ancora una volta un'operazione semiologicamente raffinata - è un uomo che alle soglie dei cinquant'anni ha capito tutto e nulla della vita. Ricco sfondato grazie all'azienda di famiglia, ostenta uno stile di vita fancazzista vantandosi apertamente di non aver mai lavorato un minuto della sua vita. Lo conosciamo proprio durante la faraonica e trash preparazione della festa per il tondo compleanno, quando ad un'allibita giornalista statunitense regala perle cafonal di apprezzabile sincerità: "è sempre bello mostrare la propria ricchezza a chi non può permettersela". Ma quando la figlia Cristal - come lo champagne, ovviamente - scompare mandando in allarme l'ex-moglie e il suo nuovo compagno palestinese (la sceneggiatura si permette pure il lusso di un paio di battute sul popolo più martoriato della storia recente), toccherà proprio all'improbabile padre scoprire dove è scappata. Le cose si complicheranno ulteriormente quando Checco saprà dall'amica che la ragazza di diciassette anni ha intrapreso il Cammino di Santiago per ritrovare sé stessa. Checco cercherà di riportarla a casa conoscendo, per la prima volta nella sua dorata esistenza, le fatiche connesse al pellegrinaggio e abbandonando, per l'amore della figlia, alcuni delle sue più scorrette abitudini...
Buen camino è probabilmente il film della maturazione per Zalone/Nunziante ma questa non è una medaglia da appuntare al petto. Se da una parte infatti il comico pugliese si riserva ancora piccole sacche di resistenza anticonformista con battute che fanno pieno body-gender-sino shaming, perculando anche poveri e il feticismo granny di un pellegrino, dall'altra però l'evidente tentativo di riflettere con più disciplina sulle forme della commedia italiana smorza lo spirito irriverente dell'intera operazione. La presa di coscienza contemporanea del padre e della figlia sull'accettazione dei limiti del corrispettivo familiare è difatti classica fino alla noia, un altro dei tanti viaggi con papà che aprono le porte della percezione affettiva ad entrambi i protagonisti cancellando in pochi giorni anni di incomprensione. In una struttura così familisticamente fiabesca gli unici eccessi che la sceneggiatura si contenta di cavalcare sono quelli sulla becera e individualistica ostentazione di lusso in un contesto, come quello del cammino del santo spagnolo, notoriamente contrassegnato da ristrettezze e senso di comunità. Il riso trova spazio solo per singole battute o per qualche trovata comica di cui Zalone resta un gran campione (l’ondulamento della testa a mo’ di rimbrotto, il lavoro sulla voce) ma non si ricava mai lo spazio di perforare acidamente una singola scena limitandosi a ristabilire lo status quo iniziale. In un film tutto incentrato sul viaggio fisico ed emotivo la scelta di riportare nel finale padre e figlia al punto di partenza iniziale – Checco rimane un mantenuto anche dopo il rinsavimento del padre e la fidanzata messicana lo aspetta sempre sul mega-yacht ancorato in Costa Smeralda, mentre della presunta crisi adolescenziale della ragazza il massimo che vediamo è una caviglia slogata – la dice lunga sullo stato di pavidità a cui tendono dopo gli sconquassi iniziali tutti i nostri campioni di botteghino. Dopo questo di Compostela, probabilmente Zalone si troverà ad affrontare cammini meno impegnativi.





















