Recensione a cura di Mario Turco
Innanzitutto proprio dello stesso appesantito finto-hawaiano: la ripetizione di gesti, i giri a vuoto, i fallimenti intrapersonali con Jude e il fotografo Paul Goresh sono avulsi dal vissuto dalla precedente biografia. I rapporti col padre violento, che certo ebbero un peso nella psiche del ragazzo, la maniacalità del sentirsi l'incarnazione terrena di Holden Caufield, protagonista del romanzo più famoso di J.D. Salinger, l'ossessione rivolta verso proprio John Lennon e non altre superstar mediali, vengono derubricati a rapidi accenni che si suppone già interiorizzati da uno spettatore iper-informato. Scegliendo di marcare allo stesso tempo le tappe cronachistiche della vicenda con una produzione indie che denuncia la povertà di mezzi ad ogni inquadratura “Chapter 27” irretisce per questa bulimia chapmaniana che come per quel disturbo alimentare fa ingrassare lo spettatore di cibi tossici senza mai dargli appagamento gustativo. Così la scelta di lasciare fuori fuoco prima Lennon e dopo fuori inquadratura il suo corpo morto più che un'intelligente ed altra re-visione di un fatto fondativo dell'epoca massmediatica (da allora sul fandom che uccide i suoi eroi esiste una bibliografia sterminata) sembra denotarne la timidezza di un possibile confronto. E quanto quel dialogo dovesse realizzarsi in ben altro modo lo dimostra lo stesso finale che infatti prova a chiudere sulle immagini reali dell'incredibile folla radunatasi subito dopo la notte dell'omicidio attorno il Dakota Building a piangere il suo martire musicale.
Schaffer però prende la strada più banale buttandola sull'accusa di correità a quelle stesse persone mossa da un Leto che guarda in macchina per la prima ed unica volta. Una chiusa che dietro l'apparente frustata nasconde in realtà l'incapacità di aver elaborato all'interno dei suoi lunghissimi 100 minuti di durata una qualsiasi voglia analisi sociale del fenomeno Mark David Chapman. Alla luce di un'opera così facilona, mal scritta e mal diretta, le polemiche che seguirono l'uscita del film mostrano soltanto come il lutto celebrity più grande del Novecento sia ancora molto lontano dall'essere elaborato. “L'assassinio di John Lennon è anche colpa tua” e “Chapman potevi essere tu” restano infatti formulazioni irricevibili sia nel 2007 che in questo 2020.