Recensione: Dostoevkij. La salvezza in scena, di Vincenzo Rizzo

Titolo:
 Dostoevkij. La salvezza in scena
Autore: Vincenzo Rizzo
Editore: Jaca Book
Pagine: 216
Anno di pubblicazione: 2021
Prezzo copertina: 25,00 €

Recensione a cura di Mario Turco

Nella prima parte de “I fratelli Karamazov” la tensione religiosa/sentimentale/caratteriale tra il mite Alëša ed il turbolento Ivàn raggiunge, come ampiamente noto, il suo punto massimo nell’esposizione da parte di quest’ultimo al fratello di un poemetto di sua invenzione, contenuto all’interno del capitolo “Il grande inquisitore” da cui prende il nome e spesso pubblicato come formidabile a parte, dato che si tratta di uno dei vertici assoluti dell’opera di Fëdor Michajlovič Dostoevskij. 


Nelle parole finzionali del vecchio inquisitore spagnolo che dopo quindici secoli si trova alle prese con il silenzioso ritorno di Cristo in terra c’è forse espressa, in una maniera insostenibilmente potente, il massimo grado del tormento religioso di fronte al divino: – “Sei Tu, sei Tu?” – Ma, non ricevendo risposta, aggiunge rapidamente: – “Non rispondere, taci. E che potresti dire? So troppo bene quel che puoi dire. Del resto, non hai il diritto di aggiunger nulla a quello che Tu già dicesti una volta. Perché sei venuto a disturbarci? Sei infatti venuto a disturbarci, lo sai anche Tu. Ma sai che cosa succederà domani? Io non so chi Tu sia, e non voglio sapere se Tu sia Lui o soltanto una Sua apparenza, ma domani stesso io Ti condannerò e Ti farò ardere sul rogo, come il peggiore degli eretici, e quello stesso popolo che oggi baciava i Tuoi piedi si slancerà domani, a un mio cenno, ad attizzare il Tuo rogo, lo sai? Sì, forse Tu lo sai”, – aggiunse, profondamente pensoso, senza staccare per un attimo lo sguardo dal suo Prigioniero”. Come se prendesse l’abbrivio da questa fraglia ideologica, il saggio “Dostoevskij. La salvezza in scena”, di Vincenzo Rizzo edito da Jaca Book analizza il corpus dell’opera dello scrittore russo per rintracciare, come evidenziato nell’introduzione dallo stesso autore, “l’evidenza di un Mistero in atto che, continuamente, si presenta al soggetto, visitandolo e interrogandolo”. 


Dottore di ricerca in Filosofia e docente della materia nelle scuole superiori, Rizzo per questa sua ultima fatica rielabora alcuni punti salienti dei suoi precedenti saggi sul pensiero filosofico russo per provare a dare una nuova e composita prospettiva teorica alla lucidissima poetica dello scrittore di “Delitto e castigo”. Ecco allora che il saggio riesce ad unire l’inevitabile arditezza della speculazione – forse un po’ appesantita dall’eccessiva discesa nella terminologia accademica, dato che essa non è adeguatamente divulgata ad un pubblico non necessariamente specialista (teandrica, divinoumanità etc.) – all’analisi trasversale sulle opere di uno dei più eminenti rappresentanti della letteratura europea. “Dostoevskij. La salvezza in scena” rintraccia prima e disseziona dopo, in particolare, alcuni dei temi che più hanno influenzato la sua scrittura provando a spiegarne, in alcuni casi, i collegamenti con i pensatori precedenti ed in altri cercando di confutare letture di esegeti che si erano spinti forse troppo oltre con la critica. Vincenzo Rizzo ha il merito di non nascondere mai il suo punto di vista ed il suo obiettivo primario è quello di tornare ad inscrivere il pensiero di Dostoevskij all’interno di una soffertissima e personalissima dissertazione sul divino. Perfino il nichilismo di tanti suoi personaggi, da Kirillov a Raskolnikov (che in realtà per Rizzo non lo è mai stato davvero, come dimostra la sua reazione all’imprevista uccisione della sorella dell’usuraia), che alcuni lettori semplicisticamente ascrivono alla fascinazione verso il ribellismo dell’Ottocento, in questo saggio trova una sistemazione teleologica che comprende il Male terreno come necessario per la salvezza oltreterrena. O, per usare le parole del ricercatore cosentino, “il nichilismo estremo si autodistrugge, non restando nel tempo”. La suddivisione del libro in capitoli in funzione argomentativa – “Spettri”, ad esempio, è dedicato ai numerosi fantasmi mentali e fisici che perseguitano tutti i personaggi, “Tremore imprevisto” (a nostro avviso il più fulminante) ai continui tremori degli stessi protagonisti (bisogna davvero ricordare l’epilessia del Nostro??) – aiuta sia a spezzettare una lettura altrimenti gravosa, sia a farci percorrere, attraverso la costruzione di questi numerosi ponti d’idee, un pezzo fondamentale del pensiero moderno.

VINCENZO RIZZO è nato a Cosenza nel 1958. Dottore di ricerca in Filosofia, docente nelle scuole superiori, è membro del Gruppo di ricerca Prologos. Nella sua attività, si è lungamente soffermato sul pensiero di Florenskij, su cui ha pubblicato il volume monografico Vita e razionalità in Pavel A. Florenskij (Jaca Book, 2012). Ha, inoltre, organizzato e partecipato al Convegno italo-russo sul Dialogo tra le Civiltà all’Università Lomonosov su «Multiculturalismo, Universalismo, Destino» tenuto a Mosca il 23-24 maggio 2013. Sempre per Jaca Book ha curato la prefazione alla nuova edizione di V.S. Solov’ev, Sulla Divinoumanità e altri scritti (2017). È autore di numerosi saggi sul pensiero filosofico russo.

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