La recensione dello spettacolo "Cucina buona in tempi cattivi", in scena al Teatro Studio Uno fino al 24 Novembre
Recensione a cura di Mario Turco
L'ironia che a volte traspare tra le pieghe del racconto, specie col personaggio del fratello interpretato dal bravissimo Lorenzo Guerrieri che riesce a non esser mai stucchevole nella sua recitazione volutamente caricaturale, diventa drammatica come ad esempio nel pezzo dell'invasione greca dai parte dei militari fascisti. Proprio qui lo spettacolo di Finamore riesce ad evitare le secche della tragedia a tutti i costi facendo sì che l'isolana interpretata da Sara Giannelli esplichi il dramma dell'occupazione attraverso una performance mimica fatta di gesti coartati, imposti da un esercito italiano/tedesco che l'aveva precedentemente apostrofata alla stregua di un "cane" e che si impone maggiormente alla memoria dello spettatore proprio per una scelta tanto straniante. "Cucina buona in tempi cattivi" sceglie infatti spesso di esondare da un tracciato narrativo canonico con una serie di espedienti e trovate spesso riuscite. Forse però questo grande pregio, soprattutto per la misura con cui viene proposto, rappresenta contemporaneamente anche il limite maggiore dell'opera. Il racconto del ritorno a casa di Guido non riesce così ad assumere il tono catartico cercato nel finale spezzato ed ambiguo (anche su questa scelta: sognante ma fin troppo cinematografico, in senso deleterio, la figura in piena luce del protagonista su sfondo nevicante) proprio per via di una caratterizzazione fin lì troppo sfuggente a cui nemmeno lo splendido viso di Paolo Madonna, che sembra uscito dalla matita di Andrea Pazienza, riesce ad ovviare. La giovane compagnia Fucina Zero in questo suo esordio dimostra comunque una grandissima forza espressiva con alcune punte d'eccellenza (la regia di Matteo Finamore, l'attore Andrea Carriero) che ne faranno ben presto una delle realtà più importanti del teatro indipendente.