Recensione: La più bella. La versione di Elena, di Brunella Schisa

Titolo
: La più bella. La versione di Elena
Autore: Brunella Schisa
Editore: HarperCollins Italia
Pagine: 272
Anno di pubblicazione: 2025
Prezzo copertina: 19,50 €

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Recensione a cura di Luigi Pizzi

In La più bella. La versione di Elena, Brunella Schisa apre il mito “dall’interno” e lo fa partire dall’istante più carico di presagi: la notte del cavallo di legno, il respiro trattenuto degli Achei nascosti, Troia che dorme credendo alla fine dell’assedio. Da lì la narrazione si distende come un filo teso tra destino e scelta, seguendo Elena non più come icona muta, ma come donna che pensa, desidera, esita, ricorda. Accanto a lei scorrono voci che conosciamo dai poemi — Menelao, Paride, Odisseo, Agamennone, Priamo, Andromaca, Ettore — restituite però nella loro parte più fragile e contraddittoria: non maschere, ma persone che si interrogano mentre la guerra li consuma. Schisa mette Elena al centro del proprio racconto senza cancellare la potenza del mito: ricorda l’infanzia difficile, il rapimento di Teseo, la scelta di Menelao tra decine di pretendenti, l’intrigo delle dee che la “promettono” a Paride e innescano la catena degli eventi. Ma ciò che conta è il modo in cui la scrittrice ribalta l’angolo visuale: non più la “colpevole” che trascina gli uomini alla rovina, bensì una creatura che tenta di leggere il proprio ruolo in una storia scritta da altri. Ne viene fuori un’Elena più umana, sensualità e intelletto, ambivalenza e lucidità. 

Fonte: https://www.letteratour.it/images/elena-paride-neoclassicismo-francese.jpg

La pagina scorre con ritmo da romanzo corale: capitoli brevi, scene incise, una lingua nitida che preferisce i dettagli ai proclami. La scrittura è insieme fisica — odori, luci, il fruscio delle vesti nelle stanze del palazzo — e meditativa, capace di far emergere le domande che la tradizione ha spesso soffocato: che cosa desidera davvero Elena? Chi decide, quando tutti dicono di decidere per lei? In controluce, i guerrieri appaiono meno monoliti e più uomini, divisi tra gloria e paura, mentre la città è una creatura che respira e si spegne. Il libro dialoga apertamente con le versioni antiche e moderne: la materia omerica e tragica resta riconoscibile, ma viene “umanizzata” da un continuo cambio di sguardo che fa crollare le certezze del lettore. La scelta di cominciare dalla fine — il cavallo, la città sul ciglio dell’abisso — non è un vezzo, è una dichiarazione di poetica: sappiamo come va a finire, e proprio per questo possiamo ascoltare, finalmente, chi non ha mai avuto voce. Il risultato è un racconto che tiene insieme eros e potere, fama e colpa, politica e intimità, con un’Elena “inedita e indimenticabile”, attuale nella sua richiesta di essere guardata come soggetto e non come trofeo. Tra i meriti del romanzo c’è anche l’equilibrio tra fedeltà e invenzione: i momenti chiave del mito restano al loro posto, ma la psicologia dei personaggi si fa più sfaccettata, e perfino Menelao — spesso ridotto a marito offeso — acquista profondità, tra orgoglio e tenerezza, tra volontà di punire e bisogno di capire. Così come Andromaca ed Ettore, o Priamo al cospetto delle proprie rovine, sono figure che vibrano di vita, non statue. È un libro che si legge d’un fiato e che invita a tornare ai classici con occhi nuovi: non per smentirli, ma per abitarli. In sintesi, La più bella è un romanzo brillante e consapevole: restituisce Elena al suo diritto di parola e, nel farlo, interroga chi legge sul peso delle narrazioni tramandate. Schisa non smonta il mito: lo illumina dall’interno, mostrando come dietro la bellezza ci siano pensiero, scelta, responsabilità. È questo lo scarto che resta addosso: la sensazione che la storia più antica di tutte possa ancora dire qualcosa di urgente sul nostro tempo.

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