"UN NATALE DI TANTI ANNI FA", di Antonietta Guadagno
È l’Anniversario della Liberazione dell’Italia dai nazisti, la fine della guerra: 25 aprile 2012.
Una bellissima mattina di aprile, un sole caldo promette una splendida giornata, saluta benevolmente la fiera di primavera di Borghetto. È una fiera fortunata, questa, poiché, per quel che ricordo, il tempo è stato sempre clemente, a differenza di quella di Verezzi che, ahimè, ha spesso visto le sue bancarelle smantellate in fretta e furia e i suoi visitatori allontanarsi precipitosamente per l’arrivo di pioggia e vento.
Stamani con cuore leggero e contento, come ogni anno, mi aggiro tra i banchi degli hobbisti. A loro è riservata l’area più bella della fiera, nel parco comunale, nei vialetti che si snodano e si intrecciano circondati da piante e aiuole fiorite. Sono davvero tanti i venditori che espongono in questa fiera visitata da gente proveniente da tutti i paesi del circondario. Incontro parecchie persone che conosco con le quali mi soffermo a scambiare saluti o a fare quattro chiacchiere. Mi piace curiosare su ogni bancarella, ma ho quelle preferite e lì mi attardo ad osservare le novità, a domandare i prezzi o a chiedere spiegazioni sui materiali e le tecniche utilizzate per la realizzazione dei manufatti. Tutti gli anni c’è la stessa bancarella che espone piccoli oggetti di antiquariato e tutti gli anni mi fermo alla ricerca di un portauovo, di bicchierini da liquore, di una ciotola, un piattino, una zuccheriera. Ed eccola lì, una graziosa zuccheriera che pare mi stia aspettando. È bianca con bordi e disegni d’oro. Il venditore intercetta il mio sguardo interessato e la solleva per mostrarmela da vicino.
“E’ una Scala - mi dice - e ha la mia età, è del ’54.” “Oh, ma è anche il mio anno di nascita!” esclamo. “Bene - risponde il venditore – allora deve prenderla.” Sì, la prendo, perché la coincidenza è troppo sfacciata.
È la ricorrenza del Natale, la nascita di Gesù Cristo: 25 dicembre 1954.
Per essere un giorno di festa, c’è troppo silenzio nella casa. Una tavola apparecchiata al centro della stanza, ma nessun commensale. Sulla stufa a legna un pentolone di acqua e altri tegami più piccoli da cui effondono odori e aromi speziati.La porta della camera si apre lasciando che un sonoro vagito si diffonda e dissolva quell’irreale atmosfera di silenzio. Entra zia Rachele reggendo con le mani una bacinella di acqua rossiccia e sotto il braccio un mucchietto di panni anch’essi macchiati di rosso. Svuota rapidamente la bacinella nell’acquaio e la riempie di acqua calda pulita, butta i panni sporchi in una cesta e da un cassetto ne prende altri candidi e ben ripiegati. Con passi lievi ma lesti ritorna nella camera.
Dalla porta socchiusa si intravede il letto matrimoniale dove riposa Marianna, che ha appena dato alla luce la sua prima figlia, immobile, con gli occhi chiusi e le mani abbandonate lungo il corpo esausto per le immani fatiche del travaglio prima e del parto dopo.
Sopra un tavolino la bacinella con l’acqua pulita e le tovagliette per la levatrice, donna Assunta, che sta lavando con delicatezza una creatura rosea che agita disordinatamente gambe e braccia.Familiari e alcuni parenti assistono al rito: Giacomo, il padre della bambina, Mariuccia e Luigino i nonni materni, zio Alfonso fratello di nonna Mariuccia e sua moglie Caterina, anche lei incinta e prossima al parto, Zia Rachele, cugina di Mariuccia, Luisella, Antonio e Domenico i fratelli di Marianna, zio Vincenzo altro fratello di Mariuccia. E poi c’è Don Pietro il medico condotto che l’ha fatta nascere.
Sorbole se ce ne ha messo di tempo, la creatura, per venire al mondo!
Tutto è cominciato la sera prima, la vigilia di Natale. Anche se i tempi sono molto duri e le ristrettezze del dopoguerra si fanno ancora sentire pesantemente, ogni famiglia cerca di onorare questa festa al meglio possibile.La cena della vigilia comincia con un piatto di spaghetti al sugo di vongole, ma in tempi difficili i pregiati molluschi vengono sostituiti con un condimento ottenuto rosolando aglio olio e peperoncino. Il secondo è un gustoso piatto di baccalà fritto servito con fettine di limone oppure lesso, condito con un filo d’olio e qualche fogliolina di prezzemolo, accompagnato con olive nere. Le verdure solitamente sono broccoli scuri lessati e insaporiti con olio e limone, scarola stufata con uva passa e pinoli, finocchi crudi con un pizzico di sale. Infine, noci, castagne e fichi secchi, mandarini e melone, struffoli, taralli e mostaccioli. Anche a casa di Marianna la sera della vigilia tutta la famiglia si è riunita per festeggiare la ricorrenza. Mariuccia ha appena portato in tavola due grossi cestini, uno pieno di frutta secca e l’altro di mandarini profumati, quando la giovane sposa ha cominciato ad avvertire, ad intervalli regolari,le prime fitte al basso ventre. Tuttavia, tra un colpo doloroso e l’altro la cena arriva ai dolci. Prima di sciogliere la compagnia, viene chiamata la “mammana”, la vecchia levatrice del paese, donna Assunta, che, dopo aver dato una rapida occhiata alla giovane, afferma che il momento del parto è ancora lontano, quindi esorta a non preoccuparsi. Ha una certa fretta di ritornare a casa perché ha lasciato ancora a tavola la figlia, il genero e i nipotini venuti dal nord Italia per festeggiare il Natale insieme, ma assicura che tornerà l’indomani all’alba.
Gli sposi e i parenti,sollevati da quelle parole, se ne vanno a dormire. La notte si rivela molto lunga per Marianna e alle prime luci del mattino, Giacomo va a chiamare la suocera Mariuccia e la levatrice per assisterla. Più tardi arrivano le zie Rachele e Caterina.Le tre donne sono sedute intorno al letto e ogni tanto una di loro si alza per avvicinarsi alla puerpera a darle un po’ di acqua o di sollievo o di conforto. La levatrice, seduta ai piedi del letto, di tanto in tanto si appisola, chiude gli occhi e lascia cadere il capo abbandonato sulle braccia ripiegate. Nonno Luigino e Giacomo ogni tanto si affacciano sulla porta per chiedere come vanno le cose. Zia Rachele e zia Caterina, molto preoccupate per lo stato sofferente della loro nipote,a più riprese sollecitano la vecchia “mammana” a controllare la situazione. Ma questa, seccata e stizzita, risponde che è ancora presto, di non preoccuparsi e di lasciarla dormire un momentino, ché è andata a dormire un po’ tardi a causa dei parenti venuti dal Nord a festeggiare insieme il santo Natale. Verso mezzogiorno, Marianna comincia a lamentarsi e a gridare senza pause. Zia Rachele, che di esperienze di parti ne ha avute tante, alcune anche gemellari,intuendo che qualcosa non sta andando per il giusto verso, apostrofa in malo modo la “mammana” e la scuote con forza costringendola ad occuparsi della giovane. La levatrice,convinta al fine, si persuade ad una ispezione più accurata della situazione che, però, a quel punto le si presenta chiaramente irta di complicanze. Si volge verso le altre donne e con tono allarmato esclama: “Qui le acque si sono imbrogliate, non è più affare mio, dovete trovare subito un medico, il figlio e pure la mamma sono in pericolo”.Zia Rachele, mettendosi le mani nei capelli, esclama: “Voi che dite? Mia nipote ha solo 27 anni!” Allarmata si precipita fuori dalla camera: “Giacomo, cerca subito un medico, è urgente, ci sono complicazioni che potrebbero far perdere madre e figlio!” Senza porre tempo in mezzo, Giacomo e suo cognato Antonio si dirigono velocemente verso la casa dell’unico medico che quel giorno e a quell’ora può essere disponibile, Don Pietro, il medico condotto del paese.
Dopo una ventina di minuti che sembrano eterni, con il fiato corto e le gambe tremanti, si ritrovano a bussare con forza alla porta del dottore. Viene ad aprire Don Luigi,il figlio, che udita la richiesta li accompagna immediatamente in sala da pranzo, dove la famiglia riunita si appresta al banchetto natalizio. Don Pietro sta per portare alla bocca la prima forchettata di maccheroni al ragù, quando il figlio gli annuncia che deve seguire subito i due uomini per salvare una madre e la sua creatura. Mentre il medico impreca contro la cattiva sorte che non lo lascia in pace neppure nel giorno di Natale,Don Luigi, per sollecitarlo a muoversi, con un gesto di impazienza manda all’aria forchetta e maccheroni. Ma il dottore è una brava persona e, indossati cappotto e cappello, recuperata la borsa dei ferri, invita i due disperati a salire con lui sul calesse, così arriveranno più in fretta.
Giunti a destinazione, il dottore entra nella camera della partoriente e, resosi conto che Marianna è allo stremo delle forze,la fa adagiare sul tavolo, chiede dell’acqua calda e panni puliti, una camicia da notte bianca che indossa a mo’ di camice. Nella camera c’è tutto il parentado a fare il tifo per lei. Il marito le asciuga il sudore dalla fronte e zia Rachele le fa coraggio accarezzandole una mano. Prima di procedere ad estrarre il nascituro con l’aiuto di uno strumento inquietante,il temibile forcipe, don Pietro solleva gli occhi al quadro appeso alla parete,che raffigura sant’Anna con la figlia Maria, e invoca la madre delle madri di salvare entrambi. Pochi minuti che sembrano eterni e finalmente il piccolo essere entra a far parte di questa Terra. È sano ed è femmina. Anche la madre è salva, ma ci vorrà parecchio tempo prima che possa cullare tra le braccia la sua prima bambina.
È l’Anniversario della Liberazione dell’Italia dai nazisti, la fine della guerra: 25 aprile 2012.
Una bellissima mattina di aprile, un sole caldo promette una splendida giornata, saluta benevolmente la fiera di primavera di Borghetto. È una fiera fortunata, questa, poiché, per quel che ricordo, il tempo è stato sempre clemente, a differenza di quella di Verezzi che, ahimè, ha spesso visto le sue bancarelle smantellate in fretta e furia e i suoi visitatori allontanarsi precipitosamente per l’arrivo di pioggia e vento.
Stamani con cuore leggero e contento, come ogni anno, mi aggiro tra i banchi degli hobbisti. A loro è riservata l’area più bella della fiera, nel parco comunale, nei vialetti che si snodano e si intrecciano circondati da piante e aiuole fiorite. Sono davvero tanti i venditori che espongono in questa fiera visitata da gente proveniente da tutti i paesi del circondario. Incontro parecchie persone che conosco con le quali mi soffermo a scambiare saluti o a fare quattro chiacchiere. Mi piace curiosare su ogni bancarella, ma ho quelle preferite e lì mi attardo ad osservare le novità, a domandare i prezzi o a chiedere spiegazioni sui materiali e le tecniche utilizzate per la realizzazione dei manufatti. Tutti gli anni c’è la stessa bancarella che espone piccoli oggetti di antiquariato e tutti gli anni mi fermo alla ricerca di un portauovo, di bicchierini da liquore, di una ciotola, un piattino, una zuccheriera. Ed eccola lì, una graziosa zuccheriera che pare mi stia aspettando. È bianca con bordi e disegni d’oro. Il venditore intercetta il mio sguardo interessato e la solleva per mostrarmela da vicino.
“E’ una Scala - mi dice - e ha la mia età, è del ’54.” “Oh, ma è anche il mio anno di nascita!” esclamo. “Bene - risponde il venditore – allora deve prenderla.” Sì, la prendo, perché la coincidenza è troppo sfacciata.
È la ricorrenza del Natale, la nascita di Gesù Cristo: 25 dicembre 1954.
Per essere un giorno di festa, c’è troppo silenzio nella casa. Una tavola apparecchiata al centro della stanza, ma nessun commensale. Sulla stufa a legna un pentolone di acqua e altri tegami più piccoli da cui effondono odori e aromi speziati.La porta della camera si apre lasciando che un sonoro vagito si diffonda e dissolva quell’irreale atmosfera di silenzio. Entra zia Rachele reggendo con le mani una bacinella di acqua rossiccia e sotto il braccio un mucchietto di panni anch’essi macchiati di rosso. Svuota rapidamente la bacinella nell’acquaio e la riempie di acqua calda pulita, butta i panni sporchi in una cesta e da un cassetto ne prende altri candidi e ben ripiegati. Con passi lievi ma lesti ritorna nella camera.
Dalla porta socchiusa si intravede il letto matrimoniale dove riposa Marianna, che ha appena dato alla luce la sua prima figlia, immobile, con gli occhi chiusi e le mani abbandonate lungo il corpo esausto per le immani fatiche del travaglio prima e del parto dopo.
Sopra un tavolino la bacinella con l’acqua pulita e le tovagliette per la levatrice, donna Assunta, che sta lavando con delicatezza una creatura rosea che agita disordinatamente gambe e braccia.Familiari e alcuni parenti assistono al rito: Giacomo, il padre della bambina, Mariuccia e Luigino i nonni materni, zio Alfonso fratello di nonna Mariuccia e sua moglie Caterina, anche lei incinta e prossima al parto, Zia Rachele, cugina di Mariuccia, Luisella, Antonio e Domenico i fratelli di Marianna, zio Vincenzo altro fratello di Mariuccia. E poi c’è Don Pietro il medico condotto che l’ha fatta nascere.
Sorbole se ce ne ha messo di tempo, la creatura, per venire al mondo!
Tutto è cominciato la sera prima, la vigilia di Natale. Anche se i tempi sono molto duri e le ristrettezze del dopoguerra si fanno ancora sentire pesantemente, ogni famiglia cerca di onorare questa festa al meglio possibile.La cena della vigilia comincia con un piatto di spaghetti al sugo di vongole, ma in tempi difficili i pregiati molluschi vengono sostituiti con un condimento ottenuto rosolando aglio olio e peperoncino. Il secondo è un gustoso piatto di baccalà fritto servito con fettine di limone oppure lesso, condito con un filo d’olio e qualche fogliolina di prezzemolo, accompagnato con olive nere. Le verdure solitamente sono broccoli scuri lessati e insaporiti con olio e limone, scarola stufata con uva passa e pinoli, finocchi crudi con un pizzico di sale. Infine, noci, castagne e fichi secchi, mandarini e melone, struffoli, taralli e mostaccioli. Anche a casa di Marianna la sera della vigilia tutta la famiglia si è riunita per festeggiare la ricorrenza. Mariuccia ha appena portato in tavola due grossi cestini, uno pieno di frutta secca e l’altro di mandarini profumati, quando la giovane sposa ha cominciato ad avvertire, ad intervalli regolari,le prime fitte al basso ventre. Tuttavia, tra un colpo doloroso e l’altro la cena arriva ai dolci. Prima di sciogliere la compagnia, viene chiamata la “mammana”, la vecchia levatrice del paese, donna Assunta, che, dopo aver dato una rapida occhiata alla giovane, afferma che il momento del parto è ancora lontano, quindi esorta a non preoccuparsi. Ha una certa fretta di ritornare a casa perché ha lasciato ancora a tavola la figlia, il genero e i nipotini venuti dal nord Italia per festeggiare il Natale insieme, ma assicura che tornerà l’indomani all’alba.
Gli sposi e i parenti,sollevati da quelle parole, se ne vanno a dormire. La notte si rivela molto lunga per Marianna e alle prime luci del mattino, Giacomo va a chiamare la suocera Mariuccia e la levatrice per assisterla. Più tardi arrivano le zie Rachele e Caterina.Le tre donne sono sedute intorno al letto e ogni tanto una di loro si alza per avvicinarsi alla puerpera a darle un po’ di acqua o di sollievo o di conforto. La levatrice, seduta ai piedi del letto, di tanto in tanto si appisola, chiude gli occhi e lascia cadere il capo abbandonato sulle braccia ripiegate. Nonno Luigino e Giacomo ogni tanto si affacciano sulla porta per chiedere come vanno le cose. Zia Rachele e zia Caterina, molto preoccupate per lo stato sofferente della loro nipote,a più riprese sollecitano la vecchia “mammana” a controllare la situazione. Ma questa, seccata e stizzita, risponde che è ancora presto, di non preoccuparsi e di lasciarla dormire un momentino, ché è andata a dormire un po’ tardi a causa dei parenti venuti dal Nord a festeggiare insieme il santo Natale. Verso mezzogiorno, Marianna comincia a lamentarsi e a gridare senza pause. Zia Rachele, che di esperienze di parti ne ha avute tante, alcune anche gemellari,intuendo che qualcosa non sta andando per il giusto verso, apostrofa in malo modo la “mammana” e la scuote con forza costringendola ad occuparsi della giovane. La levatrice,convinta al fine, si persuade ad una ispezione più accurata della situazione che, però, a quel punto le si presenta chiaramente irta di complicanze. Si volge verso le altre donne e con tono allarmato esclama: “Qui le acque si sono imbrogliate, non è più affare mio, dovete trovare subito un medico, il figlio e pure la mamma sono in pericolo”.Zia Rachele, mettendosi le mani nei capelli, esclama: “Voi che dite? Mia nipote ha solo 27 anni!” Allarmata si precipita fuori dalla camera: “Giacomo, cerca subito un medico, è urgente, ci sono complicazioni che potrebbero far perdere madre e figlio!” Senza porre tempo in mezzo, Giacomo e suo cognato Antonio si dirigono velocemente verso la casa dell’unico medico che quel giorno e a quell’ora può essere disponibile, Don Pietro, il medico condotto del paese.
Dopo una ventina di minuti che sembrano eterni, con il fiato corto e le gambe tremanti, si ritrovano a bussare con forza alla porta del dottore. Viene ad aprire Don Luigi,il figlio, che udita la richiesta li accompagna immediatamente in sala da pranzo, dove la famiglia riunita si appresta al banchetto natalizio. Don Pietro sta per portare alla bocca la prima forchettata di maccheroni al ragù, quando il figlio gli annuncia che deve seguire subito i due uomini per salvare una madre e la sua creatura. Mentre il medico impreca contro la cattiva sorte che non lo lascia in pace neppure nel giorno di Natale,Don Luigi, per sollecitarlo a muoversi, con un gesto di impazienza manda all’aria forchetta e maccheroni. Ma il dottore è una brava persona e, indossati cappotto e cappello, recuperata la borsa dei ferri, invita i due disperati a salire con lui sul calesse, così arriveranno più in fretta.
Giunti a destinazione, il dottore entra nella camera della partoriente e, resosi conto che Marianna è allo stremo delle forze,la fa adagiare sul tavolo, chiede dell’acqua calda e panni puliti, una camicia da notte bianca che indossa a mo’ di camice. Nella camera c’è tutto il parentado a fare il tifo per lei. Il marito le asciuga il sudore dalla fronte e zia Rachele le fa coraggio accarezzandole una mano. Prima di procedere ad estrarre il nascituro con l’aiuto di uno strumento inquietante,il temibile forcipe, don Pietro solleva gli occhi al quadro appeso alla parete,che raffigura sant’Anna con la figlia Maria, e invoca la madre delle madri di salvare entrambi. Pochi minuti che sembrano eterni e finalmente il piccolo essere entra a far parte di questa Terra. È sano ed è femmina. Anche la madre è salva, ma ci vorrà parecchio tempo prima che possa cullare tra le braccia la sua prima bambina.