Recensione: Non qui, non altrove, di Tommy Orange

Titolo: Non qui, non altrove
Autore: Tommy Orange
Editore: Frassinelli
Pagine: 336
Anno di pubblicazione: 2019
Prezzo copertina: 18,90 €


Recensione a cura di Marika Bovenzi

Da sempre siamo abituati a sentir parlare degli Indiani d’America, quella popolazione fatta di spiritualità, naturalismo e fascino che per secoli è stata il centro delle persecuzioni da parte degli occidentali conquistatori. E tutti siamo ben consci della rarità e del tradizionalismo che hanno sempre animato questa etnia, ma dove sono oggi gli Indiani? Come vivono? Qual è il sentimento che accomuna quelli antichi a quelli moderni? A tal proposito Tommy Orange, con il

suo Non qui, non altrove, da voce ad una coralità di personaggi che rappresentano un unico spirito di appartenenza. 

Tutto ha inizio a Oakland in California, al raduno annuale degli Indiani d’America dove confluiscono migliaia di nativi del nord che in quell’occasione cercano di sentirsi a casa, di ritrovare quel senso di appartenenza ad una terra ormai divisa. Tra i presenti troviamo Tony Loneman, un ventunenne di discendenza cheyenne affetto dalla sindrome feto-alcolica e spacciatore di professione; Dene Oxendene, un giovane documentarista discendente cheyenne e arapaho, il cui desiderio è quello di creare un progetto in memoria dello zio raccogliendo le storie dei nativi dell’area di Oakland; Opal Viola Victoria Bear Shield, una donna di oltre cinquant’anni che ha partecipato con sua madre e la sua sorellastra all’occupazione di Alcatraz; Edwin Black, un giovane avente madre bianca e padre nativo, parte dell’organizzazione del Grande Powwow di Oakland e con il sogno di diventare scrittore. E ancora, Bill Davis, compagno della madre di Edwin, veterano del Vietnam ed ex prigioniero del carcere di San Quentin dove è finito in passato per aver pugnalato un uomo; Calvin Johnson, giovane che a causa di mancanza di denaro si dedica allo spaccio di droga; Jacquie Red Feather, sorellastra di Opal, lavora come consulente per l’abuso di sostanze (che ha smesso da poco di assumere), ha dato in affido una figlia e ne ha cresciuta un’altra che è morta. Ed infine Thomas Frank, un cheyenne, percussionista che lavorava in passato al Centro Indiano.

Con un linguaggio semplice ed uno stile diretto, l’autore ci racconta di vite spezzate, difficili e sognanti. Di tutti quei nativi dispersi in diversi punti dell’America, da sempre alla ricerca di quella terra da poter chiamare casa. A mio avviso, la particolarità del romanzo risiede nel fatto che Tommy Orange, attraverso i suoi personaggi ci racconta la storia di una nazione, del suo popolo e di quell’identità che in tanti hanno sempre cercato di sopprimere. Si fa portavoce della rabbia e della nostalgia di tutte quelle anime che hanno visto spazzare via la propria etnia, il proprio senso di appartenenza, e quell’esistenzialismo che contraddistingueva una grande cultura. Non mancano poi le tematiche di fondo come: il sentirsi alla deriva e in balia di una vita difficile; cercare di colmare un vuoto dell’anima; il forte desiderio di riscatto; la curiosità riguardo le proprie origini; e il patriottismo.

In conclusione è un romanzo originale e ben fatto che consiglio a tutti senza distinzione di genere.

L'AUTORE
Tommy Orange è nato e cresciuto a Okland, in California. È un membro della Cheyenne and Arapaho Tribes of Oklahoma. Attualmente vive ad Angels Camp, in California. Tommy è un neolaureato del programma MFA presso l'Institute of American Indian Arts. Non qui, non altrove è il suo primo romanzo, un esordio straordinario: vincitore del Center For Fiction First Novel Prize; uno dei dieci migliori libri dell'anno per The New York Times Book Review e, tra gli altri, per The Washington Post, NPR, Time, Entertainment Weekly, Publishers Weekly, Library Journal.

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