Recensione: Zardo, di Tiziano Sclavi

Titolo: Zardo
Autore: Tiziano Sclavi
Editore: Sergio Bonelli Editore

Pagine: 64 ill.
Anno di pubblicazione: 2020

Prezzo copertina: 19,00 €

Recensione a cura di Mario Turco

Per il ritorno di Tiziano Sclavi, padre di quel fenomeno editoriale/culturale che è (stato) Dylan Dog, potremmo usare uno dei tanti titoli horror omaggiati dalla sua creatura nel corso di una carriera ultratrentennale. “A volte ritornano”, sarebbe la scelta più ovvia ma anche “essi vivono” andrebbe bene per sottolineare l'afasia letteraria del fumettista di Broni che negli anni duemila ha firmato appena la sceneggiatura di 5 albi dell'Indagatore dell'incubo. Con questo “Zardo”, cartonato di 64 pagine in uscita dall'11 Giugno nelle librerie e pubblicato da Sergio Bonelli Editore al non modico prezzo di 19,00 €, Sclavi torna alla forma fumetto tanto congeniale. Con quest'ultimo lavoro va comunque a ripescare uno dei suoi personaggi meno noti, ideato nel suo periodo creativo più fertile, quello che all’inizio degli anni Novanta lo vedeva all’apice del successo con appunto Dylan Dog e con la ripubblicazione dei suoi primi romanzi, alcuni dei quali avranno poi una trasposizione cinematografica, da Dellamorte Dellamore a Nero.


Al regista Giancarlo Soldi che ha girato proprio Nero. (il punto è parte integrante del titolo), film adesso dimenticato ma passato anche al Festival del Cinema di Venezia con il manifesto disegnato da Angelo Stano, si deve la pubblicazione di “Zardo”, che altro non è il nome del personaggio omonimo tratto a sua volta dal libro di Sclavi uscito per la casa editrice Camunia nel 1992. Egli infatti poco tempo fa, almeno così racconta Sclavi nella sua Nota Introduttiva, ha ritrovato le fotocopie di quella sceneggiatura ormai sgualcite dal tempo permettendone in questo modo il recupero e la sua pubblicazione, tradotta per immagini dal talentuoso Emiliano Mammucari e dagli incredibili colori di Luca Saponti. “Zardo” è uno one-shot dal finale aperto che ha il carattere di un numero 1 o di una origin story: il fumetto era infatti stato inizialmente pensato come una serie lunga, un noir con protagonisti una coppia di amanti assassini, caratterizzato da molta ironia e dalle venature horror tipiche dello scrittore lombardo, ispirato a film come Ossessione (1942) di Visconti ma soprattutto Blood simple (1984) dei fratelli Coen, citato apertamente in alcune tavole e nel personaggio del laido investigatore D'Ambrosi. Pur nella sua esiguità, a cui il formato grande dona grande importanza visiva ma toglie la maneggevolezza forse necessaria, l'opera è un gradevole compendio dei temi cari a Sclavi, dipanati su pagina con la precisione romanzesca dei suoi anni migliori. La girandola di situazioni grottesche che il protagonista, trovatosi improvvisamente a prendere il posto di Zardo assassinato dalla compagna di entrambi Francesca, ha un andamento surreale che cancella i confini del reale e lascia il lettore nel dubbio sulla veridicità di quello che accade nelle tavole. 


Alcuni eventi superano il limite della verosimiglianza e la narrazione in prima persona di un uomo debole e stupidamente innamorato accentua questa finzionalità. La trasformazione di una coppia fedifraga in amanti diabolici, alla prese con omicidi e occultamenti di cadaveri, avviene con un ritmo veloce che evita sapientemente i rischi dell'accumulo. Il gorgo nel quale Francesca e il doppio di Zardo precipitano non ha i caratteri della tragedia ma quelli ben più destabilizzanti e sclaviani della beffa. I disegni di Mammuccari, volutamente segnati da un tratto febbrile (“sono tornato a disegnare a mano, con gli strumenti di quando ho iniziato: pennelli, pennarelli a scalpello”) assecondano questa confusione esplodendo improvvisamente in un onirismo tragicomico. Anche l'acida e aggressiva tavolozza cromatica di Luca Saponti, colma di tonalità forti come il viola, il rosso ed il blu, contribuisce alla maniera di una dissonante colonna sonora morriconiana ad inquadrare gli eventi in questa cornice allucinatoria. Nonostante l'apertura del finale “Zardo” può anche essere letta come una storia auto-conclusiva che in questo senso avrebbe magari potuto essere maggiormente rielaborata da Tiziano Sclavi, limitatosi invece ad aggiungere una sequenza alle fotocopie della sceneggiatura originale pubblicate in appendice e che Giancarlo Soldi con molta generosità ha riesumato dalle sue carte. Considerata questa riluttanza nel necessario rimaneggiamento e la stasi creativa dell'autore crediamo che nonostante le velate promesse nella succinta Nota Introduttiva le avventure di Zardo siano definitivamente terminate qui.

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