Recensione: Dario Argento. Due o tre cose che sappiamo di lui, a cura di Steve Della Casa

Titolo:
Dario Argento. Due o tre cose che sappiamo di lui
Autore: Steve Della Casa (a cura di)
Editore: Mondadori Electa
Pagine: 160
Anno di pubblicazione: 2021
Prezzo copertina: 28,00 €

Recensione a cura di Mario Turco

Nella recensione del film “Occhiali neri” ci lasciavamo andare alla considerazione che l’ultimo film di Dario Argento è “il ritorno al cinema di un regista che senile lo è sempre stato – il suo immaginario è quasi stato sempre esclusivamente rivolto al passato, perfino quello recente nelle sue pellicole più dichiaratamente attuali – e che da quando è diventato anche anagraficamente vecchio ha subito lo scotto di diventare definitivamente demodè”. Un tale scalino critico oggi ci serve non per demolire quello che rimane un brutto lungometraggio ma per arrivare alla conclusione che forse l’impressionante mole di studi che negli ultimi vent’anni gira attorno al regista romano tocca troppo spesso punte di beatificazione ma allo stesso tempo dimentica le criticità di una filmografia che, fatti salvi gli abbaglianti apici (ognuno può scegliere quello che vuole, ve ne sono tanti nella prima parte della sua carriera), non è mai stata solidissima né intellettualmente stratificata. 


In “Dario Argento. Due o tre cose che sappiamo di lui”, miscellanea di interventi curati dal direttore del quarantesimo Torino Film Festival Steve Della Casa ed edita da Mondadori Electa, si ha la dimensione dell’approccio pianamente divulgativo che intercorre in chi si specializza attorno i suoi film. Ammettiamo subito che il libro nasce proprio con l’intento di celebrarlo dato che il volume è stato pubblicato in occasione della rassegna cinematografica organizzata da Luce Cinecittà, in collaborazione con il Lincoln Center, allestita a New York nell’autunno del 2021 e che ha visto la proiezione di suoi sedici film originali integralmente restaurati. Insomma, come si vede anche dal fatto che è edito nel formato bilingue italiano/inglese, “Dario Argento. Due o tre cose che sappiamo di lui” ha come funzione principale quella di accompagnare i visitatori del succitato evento statunitense e, solo dopo, di trovare altre vie di commercializzazione. Detto questo, ci si chiede se anche nella più generica delle forme di critica cinematografica non sia possibile provare ad andare oltre la codificata narrazione del Genio e Maestro romano le cui personali, come ricorda nella sua introduzione in maniera trionfalistica – durante tutto il volume si sentirà più volte lo squillo delle fanfare - lo stesso Steve Della Casa, “sono organizzate dalle più importanti istituzioni cinematografiche (le cineteche di tutto il mondo, prima tra tutte la storica Cinémathèque française) ma anche da semplici raggruppamenti di fan”. Nell’intervista a Dario Argento che apre il volume, la cornucopia di aneddoti sui successi esteri dei suoi lungometraggi genera qualche prelibatezza – la mancata collaborazione con Sam Raimi ai tempi de “La casa” per un imprecisato progetto – e qualche indigesto polpettone – l’amicizia e la reciproca influenza con George Romero, di cui si legge meglio ed in maniera più approfondita da altre parti. 


La vera sorpresa di questa raccolta di interventi sta però in quello successivo alla conversazione col cineasta: che una scrittrice come Banana Yoshimoto sia non solo appassionata di horror italiani ma sia mossa da sincera gratitudine verso le opere di Argento è una chicca che farà felice gli appassionati (e che allo stesso tempo dimostra l’incredibile successo nel Sol Levante di Suspiria, ricordato anche nel libro con un paio di gustose locandine a corredo). La trascrizione e pubblicazione del lungo confronto tra John Carpenter e Dario Argento, avvenuto il 24 Novembre 1999 al Torino Film Festival, pur rappresentando un ovvio punto di contatto per i due pubblici a cui è destinato il libro, ha invece il merito di rendere facilmente decodificabili tramite il serrato botta e risposta verbale i punti di contatto tra due dei più importanti filmmaker dell’horror occidentale del secolo scorso. Come se scontasse la sua pretesa completista, risultano piuttosto fiacche le escursioni nel campo dalla musica, dall’inedita intervista a Franco e Verdiana Bixio (rispettivamente fratello e figlia del produttore Carlo) al brevissimo ricordo di Claudio Simonetti. A chiudere “Dario Argento. Due o tre cose che sappiamo di lui”, una carrellata di foto d’archivio riprese sui set di alcuni capolavori del regista romano che in maniera, per usare un aggettivo tipicamente argentiano, “strana” insistono sul bianco e nero piuttosto che esaltare le cromaticamente iconiche scenografie, e la doverosa filmografia.

Steve Della Casa è critico cinematografico, direttore di festival, direttore artistico, autore e conduttore radiofonico. È stato nel 1974 tra i fondatori del Movie Club e nel 1982 tra i fondatori del Torino Film Festival (che ha diretto dal 1999 al 2002), è stato direttore del Roma Fiction Fest (2007-2013), presidente della Film Commission Torino Piemonte (2006-2013). Ha curato pubblicazioni in Italia e all'estero vincendo il premio Meccoli per la miglior pubblicazione di cinema nel 2007 e il premio Flaiano per il saggio "Splendor" nel 2013. Ha realizzato documentari che sono stati presentati in concorso nei festival di Venezia, Roma e Locarno, vincendo nel 2014 il Nastro d'Argento per "I Tarantiniani".

LIBRI & CULTURA CONSIGLIA...