Recensione: Premonizioni. Punti di contatto tra umano e divino nell'antichità, di Riccardo Ferrazzi

Titolo:
Premonizioni. Punti di contatto tra umano e divino nell'antichità,
Autore: Riccardo Ferrazzi 
Editore: Oligo
Pagine: 60
Anno di pubblicazione: 2023
Prezzo copertina: 13,00 €

Recensione a cura di Mario Turco

Il recente caso della posseditrice della statua sanguinante della madonna di Trevignano Romano, oltre che per i suoi risvolti (finalmente) penali e le eterne domande sulla creduloneria di larghe fasce della popolazione – la moltiplicazione di teglie di pizza e di gnocchi speriamo rimanga quantomeno nel linguaggio corrente come monito per le future generazioni di boccaloni – solleva qualche interessante interrogativo sulle profezie che la sedicente santona soleva spargere nei ritrovi coi fedeli sul bellissimo omonimo lago. Perché abbiamo ancora bisogno di qualcuno che legga per noi nei disegni imperscrutabili del destino provando ad anticipare alcune delle sue svolte? Disastri e catastrofi possono essere davvero evitati come ostacoli se qualcuno ce li anticipa alla vista o la distruzione dell’uomo, come si può vedere dall’annosa questione del cambiamento climatico, è un processo auto-determinato che rinuncia a dare ascolto a quelli che, con fare spregiativo, vengono sempre tacciati di essere uccelli del malaugurio? 


In “Premonizioni. Punti di contatto tra umano e divino nell’antichità”, di Riccardo Ferrazzi pubblicato da Oligo Editore nella sua collana Piccola Biblioteca, viene mostrata l’origine millenaria della tendenza tutta umana ad affidarsi a misteriosi responsi chiamati a prevedere carezze (poche) e colpi (tanti) sferrati dalle tre Parche nel loro eterno filare e disfare i destini dell’uomo. Il brevissimo saggio dell’autore di lombardo – appena 64 pagine in formato tascabile, ci torneremo – ha il merito di usare un linguaggio accessibile per un tema di vastissimo interesse in grado di intercettare pubblici diversi. Come scrive lo stesso Ferrazzi, “gli antichi ritenevano che il destino di ogni uomo fosse scritto nella totalità della Natura in un modo inattingibile alla ragione dialettica; dunque, per squarciare il velo del futuro, bisognava collocarsi al di là della ragione. E per questo motivo sibille e indovini procuravano di raggiungere uno stato di <furore profetico> naturale o indotto”. Le prime pagine di Premonizioni. Punti di contatto tra umano e divino nell’antichità raccontano allora alcuni dei metodi di divinazione dei nostri progenitori greci e romani che facevano affidamento proprio sugli stati di trance dell’indovino o del sacerdote di turno che solo uscendo dalle costrizioni della carne era in grado di inserirsi nel flusso interdimensionale degli eventi. Particolarmente gustosi gli aneddoti, per quanto non nuovi a chi avesse una cultura umanistica di base, sui vaticinii che la Pizia, il celebre oracolo di Delfi, esprimeva avvolta dai fumi sprigionati dal sottosuolo nell’antro oracolare o quelli altrettanto vaporosi espressi dalle sibille cumane. Il problema principale del libro di Ferrazzi e per converso, ci spiace dirlo, di tutta questa collana dell’editore Oligo, è che questa sorta di formato mignon rimane lontano sia dalla precisione di un saggio accademico sia dall’affabulazione tipica dei manuali di largo consumo che usano sicuramente un linguaggio meno colto e preciso di quello dell’autore lombardo ma hanno quantomeno il merito di non lasciare il lettore con la spiacevole sensazione d’incompiutezza. 


Premonizioni. Punti di contatto tra umano e divino nell’antichità, infatti, pur nella sua breve estensione passa da un argomento all’altro fornendo sempre qualche spunto d’interesse ma che rimane allo stato embrionale, come in procinto di essere sviluppato in un altro successivo lavoro (fatto che Ferrazzi ha confermato in un’intervista ad un blog). Ecco allora che anche le digressioni del mini-capitolo sui grandi uomini, con i riassunti delle imprese compiute da questi esseri spesso aiutati dai favori della fortuna e che potevano essere reali (Cesare, Alessandro Magno), mitici (Mosè) e verosimilmente esistiti ma quantomeno rinforzati da una narrazione postuma che rende altrettanto mitico il racconto biblico (Gesù) rimangono lacerti che si esauriscono nel tempo di una chiacchiera o di un viaggio in metro. Su quest’ultimo punto poi, chissà perché, Ferrazzi ribadisce a più riprese durante il breve lavoro il suo credo religioso dando una scudisciata sia alle istituzioni ecclesiastiche che dovrebbero parlare in maniera meno misteriosa sia alla presunzione della scienza che dovrebbe ricordarsi di riconoscere “di saper spiegare solo il sei per cento della realtà fisica dell’Universo (e probabilmente anche i meccanismi della nostra psiche con la stessa percentuale)”. In questo modo Premonizioni. Punti di contatto tra umano e divino nell’antichità non riesce a capitalizzare alcune ottimi intuizioni di studio lasciando che la propria erudizione soddisfi soltanto alcune elementari curiosità.

Riccardo Ferrazzi ha esordito con Il tempo, probabilmente (Literalia) che conteneva due racconti di Raul Montanari e due suoi. Ha tradotto numerosi libri dallo spagnolo insieme a Marino Magliani. Tra le opere recenti ricordiamo N.B. Un teppista di successo (Arkadia) e Il Caravaggio scomparso (Golem).

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