La recensione di "Bassifondi", di Trash Secco nelle sale dal 15 Giugno grazie a Cloud 9 Film

Recensione a cura di Mario Turco

No. I bassifondi non meritano questa roba qui. Non si può raccontare il fondo lercio della nostra società contentandosi di metterlo in scena, accoglierlo paternalisticamente nella propria poetica e provare a fare di unghie nere, calzini bucati, lividume facciale un’opera che finisce per avere la stessa pietas borghese – perculata rabbiosamente in qualche linea di dialogo, ennesima excusatio non petita di una carriera, quella degli sceneggiatori D’Innocenzo, alla costante ricerca di affrancamento dall’etichetta principe di tanta intellighenzia capitolina – che vorrebbe combattere. No, non si può scegliere di fare della vita di due emarginati un lungometraggio affidato a due attori fin troppo bravi (in realtà uno, l’altro è pura presenza) che puzzano di recitazione ad ogni dente marcio e ad ogni vernacolo che esce fuori da quelle bocche impestate, e questo è davvero il lezzo più insopportabile che arriva alle froge del naso. Eppure è quello che fa “Bassifondi”, di Trash Secco in uscita il 15 Giugno distribuito da Cloud 9 Film. 


Presentato in anteprima al Festival di Roma 2022 nella sezione Freestyle, l’opera prima di Francesco Pividori rielabora un racconto scritto quindici anni fa dallo stesso artista e videomaker romano affidando la sceneggiatura appunto ai gemelli D’Innocenzo che ormai da anni, tra regie loro e script affidati ad altri, stanno riscrivendo in maniera lucidissima le coordinate del periferia movie. Da questo punto di vista Bassifondi cerca di dare un diverso esito a questa “favolaccia” nerissima non concentrandosi esclusivamente sul rintracciamento morale del colpevole – spoiler: siamo noi, che non facciamo nemmeno 20 centesimi di sconto sulla pizza bianca e poi giustamente ci prendiamo un piccione morto sulla vetrina - ma sulla dignità poetica che s’annida, anche inconsapevolmente, sui due reietti protagonisti. Romeo (Gabriele Silli) e Callisto (Romano Trevi) sono due senzatetto che si muovono su due diverse dimensioni: il sotto del Lungotevere dell’Isola Tiberina, dove hanno arrabattato un insediamento di fortuna fatto di rifiuti, e il sopra in cui elemosinare qualche “spiccetto” (ma esistono ancora gli homeless così romaneschi nel quartiere più turistico?), con un itinerario di scazzi, litigi e insuccessi sempre uguale tra Ponte San Sisto, San Cosimato e via della Lungaretta. I due uomini hanno un legame che la difficile sopravvivenza ha reso estremo nelle proprie punte: i contrasti sono sempre feroci, acuiti dalle loro apicali differenze fisiche e caratteriali, così come gli slanci d’affetto, altrettanto violenti nel loro parossismo. Si veda a questo proposito la bella scena del pre-finale in cui Callisto butta nel Tevere il cadavere di Romeo, reo di averlo lasciato solo in questa fogna a cielo aperto che per tanti, troppi, è diventata Roma. 


Come se fosse scisso dalla volontà di rappresentare in maniera documentaristica le contraddizioni dei tanti senzatetto della Capitale – le riprese dal vivo e gli scambi reali avvenuti con la produzione durante il girato – e la voglia di portare su schermo il fortissimo ed inspiegabile legame d’amore tra i due protagonisti, Bassifondi impiega però troppo tempo ad andare al cuore del film, ovvero l’improvvisa malattia di Romeo. Trash Secco qui si libera finalmente dalle rigidità della scrittura dei D’Innocenzo (il topo come metafora, gli abitanti del rione ridotti a mere voci ed inquadrati sempre di sfuggita, l’esibita cattiveria dei dialoghi) ed abbraccia senza paura il sentimentalismo di questa storia, anche a costo di esondare spesso nel patetismo melodrammatico. Sono stati, come al solito, tirati fuori paragoni scomodi dal Pier Paolo Pasolini di Una vita violenta e Accattone fino alla filmografia di Claudio Caligari e il Nico D’Alessandria de L’ultimo imperatore di Roma, riferimenti sicuramente presenti sia in fase di scrittura che di messa in scena. Bassifondi però non rinuncia nemmeno per un momento alla cura formale dell’immagine, sempre a fuoco, sempre pulita e fotograficamente impeccabile, sempre così puntuale nell’appuntamento con l’abiezione ma mancante in quello con lo schifo. In una storia di merda, sangue e deiezioni organiche anche Callisto quando caga non fa vedere il culo mostrando al massimo i denti giallognoli e lo sguardo strabico.

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