Recensione: Melville. Un romanzo, di Jean Giono

Titolo: Melville. Un romanzo
Autore: Jean Giono
Editore: Guanda

Pagine: 144
Anno di pubblicazione: 2020

Prezzo copertina: 16,00 €

Recensione a cura di Mario Turco

“Melville è per gli oceani del mondo quello che Omero è per il Mediterraneo orientale. In un formidabile romanzo, Moby Dick (1851), egli ha scritto la storia della grande balena Moby Dick e del suo cacciatore, il capitano Achab, e creato così il più grande epos dell'oceano in quanto elemento”. Anche se non bastano, tra gli altrettanto titanici encomi rivolti nel corso degli ultimi 170 anni al romanzo, le parole di Carl Schmitt danno traccia dell'importanza mondiale del capolavoro di Herman Melville. Non solo tra i lettori comuni ma anche tra i grandi scrittori il racconto della caccia al capodoglio (già, non è una balena) bianco è diventata subito storia d'influenza autoriale. La potenza poetica di Melville ha ad esempio trovato qui da noi un profondo estimatore in Cesare Pavese che lo portò in Italia e lo tradusse per Einaudi nel 1932. Un altro grande traduttore/estimatore fu per la Francia lo scrittore Jean Giono che in collaborazione con Lucien Jacques e Joan Smith lavorò per tre anni – dal ’36 al ’39 – alla versione transalpina del capolavoro.


La casa editrice Guanda ha da poco fatto uscire il libro dello stesso Giono Melville Un romanzo, tradotto molto bene da Leila Beauté, che avrebbe dovuto appunto fare da prefazione alla prima edizione Gallimard del 1941. Ipotesi che non si è tradotta in realtà perché Giono non si limitò alla nota biografica ma partendo da alcuni dati fattuali immerse Melville, o meglio, la sua versione dello scrittore statunitense, in un racconto autonomo e molto personale. Come ammette infatti lo stesso autore il suo lavoro non è animato da precisione accademica ma si lascia andare ben presto ai voli dell'immaginazione. Pochissimi i dati biografici e quasi tutti forniti nelle prime pagine: la morte del padre quando aveva solo quindici anni, la carriera fallita come banchiere prima ed insegnante poi, l'arruolamento in una baleniera e la celebre diserzione dopo 15 mesi di periglioso viaggio con un altro marinaio avvenuta a Nuku Hiva nelle isole Marchesi, l'auto-reclusione in una fattoria del Massachusettes, a Pittsfield per la precisione. Altre labili tracce della struttura introduttiva che “Melville – Un romanzo” possedeva in nuce è dato dagli accenni dell'importanza che l'incredibile prosa melvilliana ha avuto sull'autore. E qui spiace constatare il troppo celere abbandono di questa direzione da parte di Giono perché quei pochi stralci sono imbevuti di un lirismo partecipe e accorato: “La frase di Melville è come un torrente, una montagna, un mare e, avrei detto come un balena” per poi chiudere “questa frase avanza, si solleva e ricade con tutto il suo mistero. Travolge e annega. Schiude il paese delle immagini nei glauchi abissi in cui il lettore è costretto a muoversi con movimenti viscosi, come un'alga; oppure lo avvolge con miraggi ed echi di cime deserte prive di ossigeno. Offre sempre una bellezza che sfugge all'analisi, ma colpisce con violenza”. 


Giono ha pensato e scritto questo libro quando fu ingiustamente accusato di collaborazionismo con i nazisti ed è forse per questo che deraglia dai binari biografici per sconfinare in quelli auto-biografici. La vera protagonista di questo breve romanzo è infatti Adelina White il cui cognome, oltre a richiamare il biancore di Moby Dick, è un preciso riferimento alla creatura umana amata nella realtà dallo scrittore francese, una donna sposata di nome Blanche Meyer. A questo personaggio Melville, che nel corso del suo peregrinare a Londra e dopo aver ottenuto un insperato accordo editoriale per la pubblicazione del suo libro Giacchetta bianca, diventa sempre più scopertamente l'alter-ego di Giono, s'affeziona in maniera poetica. Lei è una donna che dopo una prematura vedovanza si reinventa militante impegnata nel sostegno della causa irlandese e nel contrabbando di grano a favore di una popolazione allo stremo per la Grande Carestia, lui un inquieto scrittore in perenne lotta con l'angelo dell'ispirazione: tra i due non può esservi amore. Ed in questa inventatissima frustrazione sentimentale Giono coglie possibilità ermeneutiche non esperite dall'ordinaria critica letteraria. Herman Melville passa in questo scritto dall'essere un autore dal fulgore stilistico tonitruante ad un vecchio ex-marinaio che cercherà perfino in punto di morte l'approvazione della donna ammirata da giovane. In fondo, per parafrasare proprio Moby Dick, “quell'amore non era segnato su nessuna carta. I sentimenti veri non lo sono mai”.

L'AUTORE
Jean Giono è nato nel 1895 a Manosque, in Provenza, dove ha vissuto quasi tutta la vita ed è morto nel 1970. Tra i suoi libri: Una pazza felicità, Il Disertore, Un re senza distrazioni, Collina, Il ragazzo celeste, Angelo, Il serpente di stelle, Due cavalieri nella tempesta, Nascita dell’Odissea e Melville. Un romanzo, tutti pubblicati in Italia da Guanda. Presso Salani sono usciti L’uomo che piantava gli alberi e Il bambino che sognava l’infinito, e presso Ponte alle Grazie Lettera ai contadini sulla povertà e la pace.

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