La recensione di "Halloween con delitto", che per la regia di Raffaele Castria sarà in scena al Teatro Ciak di Roma fino al 23 novembre

Recensione a cura di Mario Turco

Tra le centinaia di iniziative della capitale che hanno riempito l'ormai saturo palinsesto di Halloween la più meritoria - e l'assolutismo vale come precisa scelta di fronte alla sclerotica moda odierna che spesso ha solo la facciata dolce dell'incubo - è stato lo spettacolo "Halloween con delitto", che per la regia di Raffaele Castria sarà in scena al Teatro Ciak di Roma fino al 23 novembre. Prodotto dalla Compagnia Stabile del giallo/Ubik Produzioni e ispirato in larga parte a uno dei più bei romanzi di genere, ovvero "La corte delle streghe" di John Dickson Carr, l'ultimo giallo stregato e interattivo del gruppo d'artisti che nel rivitalizzato auditorium di Via Cassia sta scrivendo un importante capitolo della storia del genere, è infatti una riuscita amalgama degli elementi più caratterizzanti i thriller connessi in qualche modo alle tematiche più orrorifiche. La scelta di portare sul palco il capolavoro dello scrittore statunitense è difatti la prima delle felici trovate della compagnia. L'arzigogolata trama oscilla fino allo scioglimento finale tra il mistery tradizionale - l'avvelenamento da arsenico scambiato per gastroenterite, il mistero della camera chiusa, l'epifania di personaggi che rispuntano fuori da un passato mai realmente dimenticato - e le suggestioni più prettamente soprannaturali - streghe che tornano a terrorizzare attraverso l'odierno operato delle loro presunte discendenti, donne senza testa che uccidono scomparendo dietro porte che non esistono, perfino la riesumazione di un cadavere dalla propria tomba. 


Halloween con delitto è, in questo senso, una giocosa macchina da guerra che pur innaffiando la rappresentazione di brillantezza comica non smette mai seriamente di baloccarsi coi meccanismi del canone più classico e avvincente. La regia di Castria sfrutta in maniera egregia le tante possibilità codificate del genere dando ampio spazio ai barocchismi scenografici: dai vestiti d'epoca dei personaggi alle sovraimpressioni della più famosa avvelenatrice francese, ovvero la marchesa di Brinvilliers, dai giochi di luce di lampade e specchi al ribaltamento tra primo piano ed un secondo nascosto dietro una parete di plastica, visibile ma connesso ad un fuori scena che può essere rivelatore o subdolo ingannatore. Così anche un plot non particolarmente ingegnoso - oltre alla prevedibile somministrazione del veleno, ci sono la solita apparizione di un personaggio nascosto sotto false identità e una non meglio precisata questione d'eredità - diventa il terreno ideale di questo affettuoso omaggio al confine gotico in cui si situano incubi atavici e le rifrazioni che questi comportano nel presente. Anche il gioco metalinguistico personificato da Gaudan Crosss, lo scrittore che si traveste da ispettore di polizia risolvendo il caso con acume britannico, funziona benissimo ed è rilanciato dall'interpretazione corale di un cast che da Alberto Caneva, Linda Manganelli, Valentina Marziali fino a Enrico Ottaviano e Stefano Quatrosi indovina ogni singola caratterizzazione. Non manca, come da tradizione del Teatro del Giallo, il momento del pre-finale in cui il Maestro di Giochi interpretato da Raffaele Castria legge, sbertucciando ma anche lusingandone l'inventiva, le soluzioni proposte dal pubblico nei cartoncini forniti ad inizio spettacolo: l'ennesima sfida vinta da una compagnia che porta in scena con passione e competenza il delitto non solo ad Halloween ma tutto l'anno.

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