Recensione: Schiaccianoci e il Re dei Topi, di E.T.A. Hoffmann

Titolo
: Schiaccianoci e il Re dei Topi
Autore: E.T.A. Hoffmann
Editore: Moon
Pagine: 64
Anno di pubblicazione: 2025
Prezzo copertina: 14,90 €

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Recensione a cura di Luigi Pizzi

Lo schiaccianoci e il re dei topi non è soltanto un racconto natalizio: è un viaggio nei territori incerti dove l’infanzia scopre la paura, il coraggio e il potere dell’immaginazione. La storia si apre la sera della Vigilia, nella casa della famiglia Stahlbaum. Marie, bambina attenta e sensibile, riceve in dono dallo zio Drosselmeier un pupazzo con la bocca a leva per rompere le noci. È un regalo curioso, un po’ goffo, ma agli occhi di Marie appare subito degno di protezione. Il fratellino Fritz, più irruento, glielo strappa e lo danneggia; Marie lo fascia con un nastro e lo sistema con cura vicino all’albero, come si fa con un amico ferito. Quando la casa tace e le candele si spengono, la stanza cambia volto: soldatini e bambole si destano, topi escono dalle fessure, guidati dal loro sovrano dalle molte teste. Inizia una battaglia notturna in cui lo schiaccianoci, improvvisamente vivo, guida l’esercito dei giocattoli. La scena è insieme meravigliosa e inquietante: i soldatini arretrano, i topi incalzano, finché Marie, pur tremando, interviene per salvare il suo pupazzo. Il gesto le costa una ferita: nell’impeto urta il vetro dell’armadio e si taglia un braccio. Al risveglio, la famiglia attribuisce tutto a un sogno; ma Marie sa che in quella notte è accaduto qualcosa di vero. 


È allora che Drosselmeier racconta la fiaba nel cuore della fiaba: la storia della Principessa Pirlipat, della sua bellezza spezzata da un sortilegio, della “Noce Dura” che soltanto un giovane dal passo perfetto può rompere per restituirle il volto. Un apprendista riesce nell’impresa, ma nel gesto finale inciampa, e la maledizione si sposta su di lui: il viso si deforma, i denti si allungano, il corpo diventa quello di uno schiaccianoci. Per liberarlo, occorrerà che una fanciulla lo ami nonostante l’aspetto e che il re dei topi venga definitivamente sconfitto. Da quel momento, gli scontri notturni si ripetono: il re dei topi pretende tributi di dolciumi e nastri in cambio di tregua, finché Marie, stanca dei ricatti, trova la forza di affrontarlo e, con un atto di audacia, aiuta lo schiaccianoci a vincere. La vittoria apre un varco verso un altrove incantato: il Regno delle Bambole, con giardini di zucchero e fiumi di dolcezza, dove il pupazzo si rivela principe. Hoffmann non si perde in pure decorazioni: sotto le delizie sceniche scorre la domanda che attraversa tutto il racconto — ciò che viviamo di notte è soltanto un sogno o un modo diverso di guardare la realtà? Marie percorre questo regno come si attraversa un ricordo: con meraviglia, ma senza smarrire il senso di ciò che ha imparato. Tornata a casa, la famiglia continua a spiegare tutto con la fantasia infantile; eppure, un anno dopo, alla porta bussa un giovane elegante. È il nipote di Drosselmeier: porta con sé una somiglianza troppo precisa per essere casuale. Il legame nato nella stanza dei giochi trova allora una forma nuova e definitiva.


Hoffmann scrive con un passo che alterna calma domestica e improvvisi scarti d’ombra. Le descrizioni della festa, degli abiti, dei giocattoli sono minute e luminose; gli scontri con il re dei topi hanno un’intensità quasi notturna, come se la paura venisse narrata con la stessa naturalezza con cui si descrive un dono. Il tono è doppio: carezza e graffio. L’autore non protegge il lettore dal brivido, ma lo accompagna tenendogli la mano, ricordandogli che la gentilezza di una bambina può avere più forza di un esercito. I personaggi sono scolpiti con chiarezza: Marie cresce nell’arco del racconto, dalla cura iniziale per un oggetto rotto al gesto deciso con cui sfida il re dei topi; Fritz incarna l’irrequietezza che rompe e impara; Drosselmeier è il mediatore tra mondi, inquietante e benevolo al tempo stesso, il maestro che non spiega tutto ma fornisce chiavi. Lo schiaccianoci è un eroe segnato: non conquista con la perfezione, ma con la ferita e la gratitudine. Persino l’antagonista, con le sue molte teste, sembra rappresentare le paure che cambiano volto ogni volta che crediamo di averle vinte. Le tematiche che emergono sono quelle che rendono il racconto un classico senza età: il coraggio nelle piccole azioni, la trasformazione come passaggio necessario, la forza della cura, la fedeltà a ciò che sappiamo vero anche quando gli adulti lo negano. C’è anche una riflessione sul potere delle storie: la vicenda di Pirlipat non è un semplice intermezzo, ma la mappa segreta per decifrare tutto ciò che accade a Marie. Le illustrazioni di Elena Iarussi uniscono colori caldi e morbidi, atmosfere luminose e dettagli curati che evocano subito la magia natalizia. Le linee arrotondate e i volti espressivi rendono i personaggi vivaci e accoglienti, perfetti per il pubblico infantile. Le scene sono ricche ma equilibrate, con un forte senso narrativo e attenzione alla luce. Ne risulta un’illustrazione moderna con richiami classici, capace di trasmettere meraviglia e incanto. In conclusione, Lo schiaccianoci e il re dei topi resta una lettura che incanta i bambini e parla con chiarezza agli adulti. È una fiaba che non teme il buio, perché sa che la luce non nasce dall’evitarlo, ma dal guardarlo senza arretrare. Hoffmann consegna una storia che si ricorda per le immagini, ma soprattutto per la certezza che un nastro intorno a un pupazzo rotto e un atto di coraggio possono cambiare il destino.

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