Recensione: Il segreto del faraone nero, di Marco Buticchi

Titolo: Il segreto del faraone nero
Autore: Marco Buticchi
Editore: Longanesi
Pagine: 351
Anno di pubblicazione: 2018
Prezzo copertina: 22,00 €


Recensione a cura di Marika Bovenzi

Questo autunno 2018 ci ha riservato numerose sorprese editoriali tra cui Il segreto del faraone nero, un romanzo storico corposo che abbraccia ben quattro epoche storiche: dall’antico Egitto, al periodo napoleonico, alla seconda guerra mondiale, fino ai giorni nostri. Tutto comincia nel 1798 quando l’esercito napoleonico giunge in Egitto con l’intento di conquistare ed espandere il proprio dominio. Tra i soldati e i combattenti però, vi è un uomo colto ed erudito, Claude de Duras, un archeologo perspicace che grazie al suo ingegno e ai suoi studi compie una scoperta eccezionale: la tomba del faraone nero Shebitqo e tutti i tesori nascosti in quel
labirinto sotterraneo di architettura. 

Nel frattempo, l’esercito francese non è altrettanto fortunato e subisce una pesante sconfitta ad Abu Qir, perdendo così parte delle risorse e delle truppe. In preda alla disperazione e al disprezzo più totale verso le vittorie di Nelson, il segretario di Napoleone, Louis Antoine de Fauvelet de Bourienne sigla un accordo con Robert Goldmeiner, erede di una ricca, potente e antica famiglia che, in cambio di risorse che avrebbero sostenuto l’esercito napoleonico, chiede tutti i tesori ritrovati da de Duras durante le sue missioni. Un accordo che aprirà una linea di sangue e scontri, guidati e dettati sempre dalla famiglia Goldmeiner che si ritroverà a finanziare dapprima il terzo Reich e ad ottenere favori lucrativi per i propri scopi personali; poi ad invischiarsi con Asher Breil, nel 1970, eroe della guerra dei Sei giorni e responsabile del Mossad in Romania che, per un caso fortuito, ritrova una Leica Luxus, un apparecchio fotografico appartenuto ad una delle donne della famiglia Goldmeiner con all’interno una pellicola contenente delle foto relative a dei disegni antichi di scoperte egiziane del 1798. 

Fino ad approdare nel 2018 quando l’armatore Oswald Breil giunge a Williamsburg nel porto di Vancouver. Qui, riceve la triste notizia che sua madre adottiva Lilith Habar è gravemente ammalata, e Breil senza pensarci due volte parte con sua moglie Sara Terracini, archeologa affermata, per Tel Aviv dove  Lilith si trova ormai in punto di morte. E proprio in questo frangente l’anziana donna confida a Breil una misteriosa verità sulla morte dei suoi genitori biologici, connessa nientepopodimeno che al gioco politico di una famiglia potente e antica che da sempre governa la storia attraverso i soldi e la corruzione: i Goldmeiner.

Lo stile è particolare e intricato, mentre il linguaggio è aulico e a tratti complicato. Personalmente credo che la particolarità di questo romanzo risieda nel fil rouge che collega le diverse epoche storiche, ovvero i disegni antichi che rappresentano il vero tesoro. All’interno del romanzo è interessante seguire da un lato lo sviluppo e le azioni della famiglia Goldmeiner attaccati ai loro progetti e al loro nucleo familiare inteso come rete di conoscenza in tutto il mondo; dall’altro al loro sopravvivere -attraverso generazioni- a diversi eventi storici importanti. E proprio la presenza di numerose epoche storiche e diversi avvenimenti, a mio avviso probabilmente potrebbero depistare e confondere il lettore poiché, nonostante l’autore ci tenga ogni volta a sottolineare l’anno in cui i fatti si sviluppano, i numerosi flashback ne rallentano un po’ la lettura. Inoltre, un’altra cosa che mi sento di sottolineare e che ritengo possa far vacillare l’attenzione del lettore è la lunghezza dell’antefatto di quella che dovrebbe essere la storia reale, la vicenda dei Breil, accennata nelle prime pagine e poi ripresa soltanto alla fine del romanzo, dopo circa 400 pagine continue di situazioni politiche, complotti e scene storiche internazionali. Pur essendo un romanzo storico e di conseguenza uno scritto da cui ci si aspetta un continuum storiografico, penso personalmente che il romanzo ne sia addirittura saturo. Ciò non toglie che rimane un libro ben fatto, con intrecci abilmente costruiti e colpi di scena ben architettati.

In conclusione, un romanzo che mi sento di consigliare agli appassionati del genere e a chi ha voglia di immergersi in un viaggio davvero impegnativo.


Marco Buticchi
L'AUTORE
Marco Buticchi, il maestro italiano dell’avventura, è nato alla Spezia e ha viaggiato moltissimo per lavoro, nutrendo così anche la sua curiosità, il suo gusto per l’avventura e la sua attenzione per la storia e il particolare fascino dei tanti luoghi che ha visitato. È il primo autore italiano pubblicato da Longanesi nella collana «I maestri dell’avventura » (accanto a Wilbur Smith, Clive Cussler e Patrick O’Brian), in cui sono apparsi con grande successo di pubblico e di critica Le Pietre della Luna (1997), Menorah (1998), Profezia (2000), La nave d’oro (2003), L’anello dei re (2005), Il vento dei demoni (2007), Il respiro del deserto (2009), La voce del destino (2011), La stella di pietra (2013) e Il segno dell’aquila (2015), La luce dell'impero (2017) disponibili anche in edizione TEA, oltre a Casa di mare (Longanesi 2016), un appassionato ritratto del padre, Albino Buticchi. Nel dicembre 2008 Marco Buticchi è stato nominato Commendatore dal Presidente della Repubblica per aver contribuito alla diffusione della lingua e della letteratura italiana anche all’estero. Il suo sito internet è: www.marcobuticchi.it; altre notizie su www.marcobuticchi.com.

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